mercoledì 6 giugno 2007

Il valore della provocazione

«Mi vuoi spiegare che succede? Prima il basco alla Che Guevara, poi torni a casa con i capelli verdi e i pantaloni a brandelli. Ora mi vieni con questo disco che sembra un manifesto del Fronte Nazionale! Mi vuoi spiegare che succede?». Questa era mia madre, ormai un po' di anni fa, mentre me ne stavo lì in cucina con il vinile di An Ideal for Living sotto braccio, la copertina bianca e nera con l'immagine del tamburino della Gioventù Ariana che ora si vede ogni tanto sui manifesti di Forza Nuova. Andateglielo a spiegare voi, andateglielo a spiegare il valore della provocazione. A lei, minuta professoressa di matematica, che guarda ogni giorno che dio manda in terra come un'occasione per migliorarsi. Come lo può – non dico giustificare – quantomeno comprendere il gusto di giocare al limite della correttezza? Mia madre, madre di tutti i figli italiani, mia madre attenta a carpire il mutare continuo delle nuove generazioni, mia madre progressista e moderata, mia madre cuoca eccellente, insegnante esigente ma comprensiva, mia madre ospite squisita. Come lo può comprendere il gesto estetico di mostrare ciò che è scomodo, lei lo associa al nichilismo spicciolo parente della violenza. Mia madre che cerca di capire cosa pensa questo figlio che si apre al mondo e se ne lascia invadere con una spregiudicatezza ingenua che fa quasi tenerezza. Avrei dovuto raccontarle troppe cose, provare a parlarle sul serio. Partendo da quella copertina e arrivando a teorizzare il significato di alcuni gesti radicali. Avrei dovuto mettere il vinile sul piatto, spiegarle i testi, farle capire cos'è il punk e come il punk si ghiacciava in quel disco. Avrei dovuto dirle troppo, e ovviamente non avrebbe capito.
Allora, ricordo, sbuffai, dissi: «Ma che ne vuoi sapé!», e mi rintanai in camera, lasciandola da sola con le sue domande che a lei sembravano legittime. Aprii il poster che compone l'intera confezione del disco e guardai l'immagine del piccolo ebreo polacco con le mani alzate in segno di resa verso il soldato nazista che gli punta il fucile contro. Credo di aver capito perfettamente chi era la vittima e chi il carnefice, e penso che il messaggio fosse proprio quello: guardate cosa l'uomo fa all'uomo. Un ammonimento fatto attraverso l'immagine della violenza più bieca. Esteticamente perfetta, psicologicamente devastante, ed emotivamente efficace. Scomoda, respingente, pura, inquietante.
Con mia madre ho parlato di altre cose interessanti. Appoggiai sul 7" la puntina del mio giradischi e mi misi in ascolto.